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L'abbazia

L'abbaziale benedettina di S. Firmano, inizialmente dedicata a S. Giovanni e a S. Benedetto, sorse negli ultimi anni del X secolo.

Firmano, un monaco di Aquacanina, ne fu il primo abate nel 986.

Fu ricostruita nel 1256 dopo che era stata quasi interamente distrutta durante le lotte tra guelfi e ghibellini. 

Presenta una sobria facciata a capanna in laterizio su cui si aprono il portale litico con il bassorilievo della Crocifissione nella lunetta - risalente alla chiesa primitiva e ricavato dal tergo di una statua romana - e il finestrone settecentesco.

E' a pianta basilicale a tre navate absidate con presbiterio sopraelevato e sottostante cripta di impianto gotico con pilastri in laterizio e rocchi di colonne romane di spoglio al pari dei capitelli corinzi. Sull'altare della cripta si trova una statua in terracotta policroma raffigurante il santo attribuita ai Della Robbia (XV sec.).

L'antica chiesa abbaziale sorge nei pressi del Potenza. Secondo la Vita Beati Firmani di Teodorico (1002) il santo avrebbe vissuto fra il 951 e il 992 e dopo quindici anni di sacerdozio sarebbe stato chiamato da una pia donna a governare da abate il monastero da lei fondato. Effettivamente un'istituzione religiosa dedicata al santo esisteva nel 1028 e lo stesso Pier Damiani (ante 1050) menziona Fermano come santo elevato agli onori degli altari grazie ai suoi miracoli. L'abbazia benedettina, in diocesi di Fermo, inizialmente dedicata a San Giovanni e a San Benedetto, si estinse nel 1468 e solo nel 1881 le reliquie del santo furono trasferite nella collegiata di Montelupone. 

La chiesa attuale è ascrivibile al XIII secolo in base a due eventi storici: l'incursione dei Ghibellini maceratesi del 1248, che determinò la ricostruzione quasi integrale del complesso, e il ritrovamento delle reliquie del santo nel 1256, in seguito conservate nella cripta edificata a tale scopo  sotto l'area presbiteriale. Il  Giachini (1937) cita, inoltre, un'iscrizione del 1237 ubicata nella cripta come attestazione della consacrazione della chiesa. La ricostruzione del XIII secolo si innestò sulle fondamenta della chiesa precedente di cui ricalcò l'impianto a tre navate absidate suddivise da pilastri articolati su schema cruciforme. Quest'ultima, per tali caratteri stilistici, in nessun modo può essere identificata con la chiesa primitiva anteriore al Mille, che probabilmente era una semplice aula absidata.

Significativo il presbiterio notevolmente elevato raccordato all'aula da una scalinata di diciassette gradini, che occupa l'intera quinta campata della nave centrale. La forma dei piedritti, formati da un pilone quadrangolare con lesene addossate, con ogni probabilità manifesta l'originario intento di ricoprire l'interno basilicale con un sistema di volte a crociera, rimasto irrealizzato e sostituito da una copertura a capriate lignee. Conferma tale ipotesi la presenza di semicolonne a N e di paraste a S lungo i muri d'andito delle navatelle, su cui sarebbero dovute ricadere le spinte della soffittatura. Anche le finestre, aperte esclusivamente nella nave maggiore e parzialmente rifatte in epoche diverse, mal si adattano al soffitto ligneo risultando eccessivamente a ridosso delle travature. Non si hanno comunque dati relativi ad un'effettiva ricostruzione delle volte nelle due fasi. La loro presenza è accertabile solo nel presbiterio per la fase duecentesca. La cripta è divisa in cinque navate, di cui le tre centrali corrispondenti alla larghezza della navata maggiore, coperte da volte a crociera su archi acuti ricadenti su pilastri in laterizio e rocchi di colonne romane di spoglio al pari dei capitelli corinzi, forse già in uso nella costruzione precedente.  Sull'altare della cripta si trova una statua in terracotta policroma raffigurante il santo attribuita ai Della Robbia (XV sec.).
Analoghi all'abbaziale di S. Maria di Rambona i pilastri articolati del presbiterio superstite e la triplice suddivisione con sostegni minori della sezione centrale della cripta. La "graffiatura" dei laterizi della fase romanica sembra, infine, rimandare alla tecnica lombarda.
Nella facciata attuale della chiesa l'elemento più significativo è il portale lapideo composto di elementi romanici - almeno le basi consunte dei piedritti - e soprattutto elementi duecenteschi come i piedritti, le lastre dell'architrave e del timpano, i conci ben levigati e connessi dell'archivolto esterno. Anche l'altorilievo scolpito al centro del timpano, rilavorazione del tergo di una statua romana, rappresentante nella parte superiore il Cristo in croce con ai lati due personaggi acefali (la Vergine e S. Giovanni) e in quella inferiore la Vergine in trono alla quale rende omaggio S. Fermano anch'esso acefalo, ha caratteristiche arcaiche duecentesche.

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